Il viaggio di Arlo

E’ da così tanto che non scrivo, che probabilmente avrò anche dimenticato come si faccia, ma il film o meglio il cartone animato di cui voglio parlarvi oggi merita, per cui sono qui a battere due paroline per voi.

Qualche giorno fa, dopo un anno dalla sua uscita, ho visto “Il viaggio di Arlo” prodotto dalla Pixar; non vi nego che all’inizio ero moooooolto curiosa di scoprire la storia di questo piccolo dinosauro così tenero, però poi per tempo, altri impegni, ho sempre rimandato la visione, ma alla fine ci sono riuscita e non me ne pento, per cui se non l’avete ancora visto ve lo consiglio.

Questa pellicola racconta l’intrecciarsi di più famiglie, dinosauresche e non, ma i veri protagonisti indiscussi sono Arlo, che come abbiamo già capito è un dinosauro, e Spot, un bambino. Bambino per modo di dire; non era in grado, infatti, di articolare parole, o forse il linguaggio usato era quello di dinosauro e quindi il bambino non riusciva a parlare dinosaurese, vabbè togliendo da mezzo queste ciance fantasiose, tutto ciò che sapeva fare era comportarsi da bestiola più di tutte le altre bestiole, dal momento che è cresciuto in cattività. Passatemi il termine “bestiola”, è anche utilizzato nel cartone e se lo avete visto capite di cosa parlo e troverete anche buffa questa definizione. Si tratta pur sempre di un umano che ha staccato la testa di un insetto gigante con un morso, no?

Spot è stato un bene e un male per Arlo; era il ladro di pannocchie del raccolto di famiglia, e un giorno Arlo ed il padre nell’inseguirlo si imbattono in una forte tempesta con lampi e tuoni ed accade un episodio spiacevole che segnerà Arlo in modo tremendo. E’ proprio questo episodio che spinge il nostro cucciolo a combattere le proprie paure, a cercare di azzuffare il ladruncolo compiendo una nuova lunga “avventura”. Durante il suo viaggio, Arlo è in grado di dimostrare tutta la sua fierezza, il suo coraggio, il suo essere intraprendente e forte, e così, quando riesce a raggiungere nuovamente casa è pronto per inserire anche la sua impronta al silo dove già ci sono quelle dei genitori e dei suoi fratelli. Spot, purtroppo, non sarà più con lui, nel tragitto verso casa ha ritrovato dei simili che lo hanno accettato e adottato. La separazione tra i due è stata così commovente che le parole non rendono giustizia.

Una cosa però che ho notato e su cui mi voglio soffermare è l’universalità del linguaggio dei segni. C’è soprattutto una scena, toccante, in cui i due, Arlo e Spot, rappresentano le loro famiglie con ció che ritrovano nei paraggi, ovvero semplici legnetti, eppure con soli gesti, senza neanche una sola parola, sono riusciti a capirsi ed ad entrare in contatto l’uno con l’altro.

La morale del cartone è un altro punto forte che mi ha tanto sorpreso e che voglio condividere con voi citando due frasi:

“Vedi, a volte devi superare le tue paure, per riuscire a vedere la bellezza che ti circonda”

“Non puoi liberarti della paura, è come Madre Natura: non puoi batterla o sfuggirle, ma puoi resisterle e scoprire di che pasta sei fatto”

Ecco e allora “be brave” sarà il nostro motto da oggi in poi haha

Voi avete visto “Il viaggio di Arlo”? Che ve ne pare? Fatemelo sapere!!

                                                      Anto 🙂

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